Panificazione:
dalla Toscana un modello per il primo pane Dop
In fiera
parte un corso per “fare i soldi con un panificio” a dimostrazione che il
settore funziona ancora e può rappresentare fonte di reddito. Il settore della
panificazione in Italia vale 8 miliardi di euro, senza contare l’indotto di
filiera, con un consumo annuo che supera i 3 milioni di tonnellate
Ribollita, zuppa di fagioli, panzanella, pappa col pomodoro. Sono soltanto
alcune delle declinazioni del pane toscano che presto potrebbe avere il
riconoscimento di Dop, unico esempio in Italia. Alla 32 esima edizione di
Tirreno C.T., il salone dell’ospitalità e della ristorazione in corso a
CarraraFiere fino all’8 marzo, è stato presentato anche l’ambizioso progetto
presso lo spazio di Assipan, il Sindacato italiano Panificatori (sezione di
Massa Carrara).
Pane toscano “sciocco” Dop.
Tre sono gli ingredienti caratteristici: lievito madre, farina di grano tenero
e acqua. E su questi tre ingredienti si basa il disciplinare che prevede un
marchio che renderà il pane toscano riconoscibile. L'avvio delle pratiche per
il riconoscimento della Dop è stato avviato nell'ottobre 2001 con il contributo
determinante delle istituzioni scientifiche toscane. Dopo la lettura, la
procedura prevede che il disciplinare venga pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale
italiana per essere successivamente inviato a Bruxelles per l'ultima fase
comunitaria dell'iter burocratico. Il marchio "C.P.T. Pane Toscano a
Lievitazione Naturale", è stato Registrato dal consorzio a cui è affidata
la sua tutela e promozione. Il consorzio detiene il "disciplinare del pane
Toscano Dop e la qualità del pane è garantita dal sistema di controllo adottato
dal Consorzio, che copre l'intera filiera produttiva.
Nel disciplinare è previsto l'utilizzo di grani provenienti solo dalla
Toscana e farine garantite dai molini toscani ai panificatori aderenti al
Consorzio. Per "Pane Toscano a Lievitazione Naturale" s'intende il
prodotto ottenuto da farina di grano tenero toscano di tipo "0" (a
basso contenuto di glutine e con il mantenimento del germe che rimane parte
integrante della farina), lievito naturale (pasta acida) e acqua. Il frumento
tenero utilizzato deve essere prodotto e molito in Toscana. Quindi le farine
dovranno essere ottenute da un mix di grani provenienti da varie parti della
Toscana, per ottenere il massimo della qualità.
I pani con un riconoscimento. Si va da Lariano a Terni, da San Gaudenzio a Laterza, da Pontremoli a
Borgopace per i pani che hanno una riconoscibilità propria mentre crescono i riconoscimenti a livello
nazionale e comunitario come la coppia ferrarese Igp, il pane casereccio di
Genzano Igp e il pane di Altamura Dop e anche il pane di Matera Igp.
La panificazione in Italia.
Il pane e i cereali rappresentano oggi il 17% circa del totale dei consumi
alimentari, il 3,2% della spesa complessiva delle famiglie. Sono gli ultimi
dati diffusi da Confesercenti secondo cui il 90% degli italiani consuma pane
fresco tutti i giorni. Ogni famiglia spende in media circa 28 euro al mese solo
per il pane, meno di 1 euro al giorno che diventano 78 euro con riso, farine,
biscotti, pasta, altri cereali. Lievemente più alta l’incidenza della spesa per
il pane per le famiglie del Mezzogiorno rispetto a quelle del Nord e del Centro
Italia. Dagli anni ’70 ad oggi il consumo di pane, in ragione di nuovi stili di
vita, di una diversa organizzazione e struttura familiare si è ridotto del 10%,
dai 61 chilogrammi pro-capite del 1974 ai circa 55 chilogrammi di oggi.
La produzione. Ogni anno si
producono e si consumano in Italia circa 3,2 milioni di tonnellate di pane, per
un mercato che sfiora gli 8 miliardi di euro. La gran parte della produzione,
circa il 90%, proviene da forni a carattere artigianale. La restante parte, 10%
circa, è prodotta da forni industriali. In termini di fatturato la quota dei
forni industriali è più alta in quanto i prodotti conservati e confezionati
hanno un valore (prezzo) più alto di quelli freschi artigianali. Dai dati di
Confesercenti emerge che
panificatori non possono più contare, così come avveniva nel passato, su un
mercato stabile e parcellizzato. Il calo della produzione da parte delle aziende
tradizionali, si può stimare attorno al 15% con punte, per il nord Italia,
prossime al 30%. A fare le spese di tutto questo, evidentemente, è il livello
di redditività delle imprese che stentano ad allinearsi all’andamento dei
livelli del costo della vita.
II mercato e i prezzi. Il
pane, cereali e derivati hanno subito una contrazione importante in volume; il
peso di questa contrazione è stato parzialmente recuperato con l’andamento dei
prezzi che ha bilanciato la perdita in valore a 2,2%. Il prezzo medio del pane,
secondo le rilevazioni Istat, è passato da 2,54 euro al chilogrammo del 2000 a
2,69 del 2010 con picchio di 2,80 euro al chilogrammo nel 2008 e 2009. Per
Confesercenti occorre una maggiore specializzazione e ricerca di prodotti
tipici oltre a mettere in campo capacità imprenditoriale per nuove dimensioni
produttive guardando alle innovazioni del settore, alle politiche di marketing,
alla riscoperta dei prodotti tradizionali che fanno la differenza.
Un corso per far soldi con il pane. La parola pane nel settore del commercio, oltre ad essere sinonimo di
“antico” e “tradizionale”, deve anche significare “innovazione” e “moda”.
Perché i tempi cambiano e in una società nella quale l'immagine, l'aspetto e il
fascino contano molto, è necessario che il panificatore non solo proponga un
prodotto di eccellente qualità, ma accolga i propri clienti in un luogo
attraente e curato in ogni dettaglio. “Come fare soldi in panificio, trasforma
i tuoi desideri in risultati concreti” è il titolo dell'iniziativa organizzata
da Pianeta Pane che si è tenuta a CarraraFiere in occasione di Tirreno Ct.
Tirreno CT – Ufficio stampa






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